Sono rientrato , trafelato, a casa; non appena varcata la soglia, sono corso a rovistare nei cassetti freneticamente, mentre l'ansia e un impercettibile fremito colpiva le mie mani.
Finalmente, la trovo: è in fondo al cassetto, sommersa dalle bollette e da appunti di cucina.
La mia tessera di iscrizione al Partito Democratico sembra quella che mi ha rilasciato il segretario di circolo, anzi il vice, ma è uguale.
La tengo tra le dita, la tasto, la rigiro, la espongo alla luce: è quella, plastificata, numerata e firmata dal segretario nazionale.
Tiro un sospiro di sollievo: non è finta.
Non si riferiva alla mia, Matteo Renzi.
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