sabato 11 febbraio 2017

una capra


I pensieri di una capra



Il pastore stava dritto.

 Ruotando lentamente il capo,poteva estendere lo sguardo sul gregge. Lo avvolgeva, sicuro e protettivo. Nulla gli sfuggiva delle sue capre,non un impercettibile movimento inusuale, non un fremito improvviso. Ai suoi piedi,vigile, le orecchie acuminate ,Bettino, il cane che lo aiutava a governare gli animali, gli strofinava dolcemente la coda sulle braghe di fustagno.

Formavano, i due, una coppia ben affiatata; al cane bastava  un cenno del padrone per lanciarsi impettito tra le capre a imporre la direzione;  ripristinato l’ordine,tornava servile a sua disposizione. Il gregge si spostava lentamente; le capre con la coda corta verso il cielo, il muso radente l’erba, non manifestavano altra preoccupazione che brucare. Eppure, l’attenzione doveva essere costante, la guida ferma e presente. Il gioco di squadra del pastore e del suo cane era perfetto. I giorni si avvitavano uno dopo l’altro con una proficua noia. Solo qualche capretto imprudente aveva causato il perentorio tuffo di Bettino tra il mare bianco grigio della lanugine ondeggiante. E il silenzio ,interrotto da timidi belati , ricadeva sull’ansa dell’argine dell’Adige ancora verde d’erba fragrante.

Quella tranquillità controllata fu incrinata ,in un mattino svogliato, da una capra. Una delle tante, all’apparenza. S’era distaccata dalle altre  e con il capo sollevato si stava dirigendo, con brevi saltelli, verso la riva del fiume, nella direzione opposta a quella del gregge. Il fischio minaccioso del pastore si perse nell’aria, senza l‘abituale effetto di riportare l’animale all’ordine. Bettino, allertato, si era rizzato pronto all’intervento risolutivo. La capra non invertì la marcia. Di nuovo risuonò il fischio impaziente dell’uomo, sopra l’ ondeggiare del gregge. Senza ottenere alcun risultato. Stizzito,con il bastone toccò leggermente il cane, che non aspettava altro. Rapido e sicuro, si lanciò tra le capre in direzione di quella sconsiderata.   

Il gregge placido si aprì come il Mar Rosso alle prese con Mosè. Il cane tracotante ruotò attorno alla capra, quasi spingendola, senza toccarla: ne andava della sua dignità. Quella,rimase immobile. Con aria distaccata spinse il muso in avanti, allargò  le zampe anteriori, sventolò la coda minuscola. Il pastore aveva puntato lo sguardo verso i due animali,uno contro l’altro;avvertiva  che si trattava di qualcosa di sorprendente. Pensò, con un sorriso,a  Bettino e alla situazione vagamente insidiosa.

Il cane rifece il giro, come per prendere tempo.

“Una decisione non  facile per Bettino” rifletté il pastore spostando leggermente il busto, per osservare meglio l’evoluzione dello scontro . “Se desiste è una plateale sconfitta; se si accanisce  senza successo, una catastrofe per il suo prestigio.” Il cane esitava,la capra era indifferente.

Si avviò lentamente verso di loro .

Giunto sul luogo dello scontro, alzò  il corto bastone che maneggiava per governare il gregge, per chiudere l’incidente. Bettino arretrò,invertì la direzione delle orecchie,dimenò la coda. Cedette il passo, insomma. La capra no; non si mosse, non tradì alcun turbamento. Piantata sul terreno,le zampe filiformi allargate, ignorò l’ ordine.

< Che ti prende!>sbottò < muoviti di lì,vai con le altre, svelta>. L’animale si scrollò,con ostentata assenza. L’uomo fu costretto a guardarla.

Non aveva l’abitudine di guardare gli animali, li osservava per controllarli; doveva dominarli, condurli: non aveva alcuna necessità di conoscerli. Ma questa capretta lo obbligò a inginocchiarsi per fargli pesare la sua fragilità; inutilmente, perché l’animale nemmeno smise di brucare. Si sentì quasi in imbarazzo , tanto da voltarsi d’istinto, ma alle sue spalle nessuno l’osservava,neppure Bettino, che era tornato in alto. Il suo problema era ancora lì, accanto a lui ma non insieme;erano separati,estranei. Una capretta e un uomo non possono condividere granché, pensò quasi sollevato.

<Che ti sei messa in testa,eh?> disse, rasserenato.

La capra riluttante non si era smossa. La questione era aperta. Era soltanto mutato l’umore del pastore.

<Hai voglia di trasgredire?> le sorrise, ma la domanda non era rivolta all’animale. Pensava ai suoi anni giovanili, agli slanci e alle sue” insubordinazioni”, come le chiamava suo padre.  Scacciò quella reminiscenza;ancora gli bruciava la snervante battaglia quotidiana con il vecchio; ed erano trascorsi anni.

<Le tue compagne ti attendono,dovresti raggiungerle> disse con un voce tranquilla, aveva deciso di essere persuasivo,<si faranno strane idee su di te, penseranno che ti dai delle arie, che vuoi fare la diversa o la sostenuta>. Alla capra non fecero un grande effetto quelle motivazioni, tanto che continuò ad sfiorare il muso sull’erba. In effetti,nemmeno a lui sembrarono convincenti. Anzi, erano ridicole; che gliene frega a una capra dell’opinione delle altre capre. Non deve risponderne a  loro del suo comportamento.

<Già>sbottò< è a me, al tuo padrone, che devi badare> ma gli parve una patetica rivendicazione. Il gregge,intanto, si spostava lentamente. Bettino,consapevole che il peso dell’ordine gravava solo su di lui, trotterellava nervosamente tra gli ignari animali . Il sole si era posto tra gli alberi e l’orizzonte, verso ovest. Era pomeriggio, ormai, e non aveva neanche mangiato. Frugò nella sacca a tracolla,trovò qualcosa che portò alla bocca, distrattamente. Seduto sull’erba della riva del fiume, accanto alla capra, mangiucchiò in silenzio. Gli altri animali non si erano fermati; avevano continuato come se nulla fosse accaduto. Il povero Bettino non aveva smesso di girovagare,la lingua penzoloni,incurante ormai della sua dignità;senza disposizioni superiori si sentiva inadeguato. Al pastore non era sfuggito il distacco con il gregge, ma non c’erano motivi di preoccupazione: tutto era tranquillo. Il cane ,esausto,si era calmato;con le orecchie appassite,la coda ammainata e il naso in terra, seguiva mesto il gregge.

 Comunque, doveva porre fine a quella strana contestazione.

<E’ ora di andare> disse ,rivolto alla capra, come se riprendesse il discorso interrotto.<Hai assaggiato il sapore dell’indipendenza ; volevi dimostrare di saper fare senza gli altri. Brava, adesso si torna in gruppo>. La capra non si scosse.<Hai bisogno dei tuoi simili, credi a me>.Detto da uno che viveva isolato da anni, che scambiava mozziconi di parole con sconosciuti durante le peregrinazioni pastorali, l’ affermazione necessitava di specificazioni. <Voglio dire che il valore della libertà non è una questione individuale. Non sei libero se tagli i rapporti con la società e i suoi vincoli, casomai sei solo; essere liberi vuol dire, prima di tutto, non subire condizionamenti>.  L’animale fu percorso a da un fremito.<Sei d’accordo, vedo> si affrettò,sperando di aver stabilito finalmente un punto d’incontro.< Sei una bestia intelligente> rincarò,< conosco persone che lo sono meno di te>esagerò, cedendo al primo successo dopo mezza giornata di un confronto a senso unico. <Se ti conosco bene, e chi meglio di me potrebbe…se ti conosco, dicevo, è questo principio che volevi manifestare con il tuo gesto. Lo so, anch’io, troppo tempo fa, la pensavo come te>.Tirò il fiato.  < Volevo affermare le mie idee,la mia personalità: non sopportavo le convenzioni,le ipocrisie, specialmente, quelle di mio padre! Ho lasciato tutto,la famiglia,l’università, la mia ragazza. Tutto!> Si fermò appena in tempo prima di aggiungere che di strada ne aveva fatta da allora. Questo,l’animale lo sapeva abbastanza bene.<Non siamo poi tanto diversi>concluse, invece. La capra non sembrò dello stesso avviso; rivolse la testa verso il fiume,forse per segnare una distanza. L’uomo alzò lo sguardo,il sole s’era piegato fino a sfiorare l’orizzonte: a breve sarebbe scomparso. Si tirò su,svelto. Guardò il gregge lontano,fuori dal suo controllo. Guardò la capra immusonita. La pazienza svaporò,lasciando il posto ad una crescente rabbia. <Dai,piccolina, il tuo tempo è finito e anche la mia pazienza>la voce gli uscì ancora dolce.<Ti sei messa in mostra, volevi distinguerti, adesso basta! Sei solo una capra .> Terminò di parlare mentre si metteva in movimento per raggiungere il gregge. La capra no,rimase piantata dov’era. <Muoviti,ti ho detto, bestia che non sei altro!> urlò,avventandosi sull’animale con il bastone alzato. Voleva finirla, quella assurda storia. Stava per colpirla ma si bloccò, folgorato dall’idea di reagire come il suo caro papà, quando lui si impuntava e si chiudeva a ogni richiamo. Si sentì impotente, eppure quella piccola capra non era minacciosa, non lo aveva aggredito. Se ne stava ferma sulla riva del fiume; una sfida innocente che non comprendeva. Allora, fece un gesto improvviso,imprevisto. L’afferrò sollevandola sopra la testa, la sistemò sulle sue spalle, e tenendola per le zampe  si avviò in direzione del gregge.

La capra piegò il capo sulle spalle del pastore ed emise un belato leggero. Forse per il tepore del contatto. Intanto il cielo era annerito,come i pensieri dell’uomo.















 

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