I pensieri di una capra
Il pastore
stava dritto.
Ruotando lentamente il capo,poteva estendere
lo sguardo sul gregge. Lo avvolgeva, sicuro e protettivo. Nulla gli sfuggiva
delle sue capre,non un impercettibile movimento inusuale, non un fremito
improvviso. Ai suoi piedi,vigile, le orecchie acuminate ,Bettino, il cane che
lo aiutava a governare gli animali, gli strofinava dolcemente la coda sulle
braghe di fustagno.
Formavano, i
due, una coppia ben affiatata; al cane bastava
un cenno del padrone per lanciarsi impettito tra le capre a imporre la
direzione; ripristinato l’ordine,tornava
servile a sua disposizione. Il gregge si spostava lentamente; le capre con la
coda corta verso il cielo, il muso radente l’erba, non manifestavano altra
preoccupazione che brucare. Eppure, l’attenzione doveva essere costante, la
guida ferma e presente. Il gioco di squadra del pastore e del suo cane era
perfetto. I giorni si avvitavano uno dopo l’altro con una proficua noia. Solo
qualche capretto imprudente aveva causato il perentorio tuffo di Bettino tra il
mare bianco grigio della lanugine ondeggiante. E il silenzio ,interrotto da
timidi belati , ricadeva sull’ansa dell’argine dell’Adige ancora verde d’erba
fragrante.
Quella
tranquillità controllata fu incrinata ,in un mattino svogliato, da una capra.
Una delle tante, all’apparenza. S’era distaccata dalle altre e con il capo sollevato si stava dirigendo,
con brevi saltelli, verso la riva del fiume, nella direzione opposta a quella
del gregge. Il fischio minaccioso del pastore si perse nell’aria, senza
l‘abituale effetto di riportare l’animale all’ordine. Bettino, allertato, si
era rizzato pronto all’intervento risolutivo. La capra non invertì la marcia.
Di nuovo risuonò il fischio impaziente dell’uomo, sopra l’ ondeggiare del
gregge. Senza ottenere alcun risultato. Stizzito,con il bastone toccò
leggermente il cane, che non aspettava altro. Rapido e sicuro, si lanciò tra le
capre in direzione di quella sconsiderata.
Il gregge placido
si aprì come il Mar Rosso alle prese con Mosè. Il cane tracotante ruotò attorno
alla capra, quasi spingendola, senza toccarla: ne andava della sua dignità.
Quella,rimase immobile. Con aria distaccata spinse il muso in avanti, allargò le zampe anteriori, sventolò la coda
minuscola. Il pastore aveva puntato lo sguardo verso i due animali,uno contro
l’altro;avvertiva che si trattava di
qualcosa di sorprendente. Pensò, con un sorriso,a Bettino e alla situazione vagamente insidiosa.
Il cane rifece
il giro, come per prendere tempo.
“Una
decisione non facile per Bettino”
rifletté il pastore spostando leggermente il busto, per osservare meglio
l’evoluzione dello scontro . “Se desiste è una plateale sconfitta; se si accanisce
senza successo, una catastrofe per il
suo prestigio.” Il cane esitava,la capra era indifferente.
Si avviò lentamente
verso di loro .
Giunto sul
luogo dello scontro, alzò il corto
bastone che maneggiava per governare il gregge, per chiudere l’incidente.
Bettino arretrò,invertì la direzione delle orecchie,dimenò la coda. Cedette il
passo, insomma. La capra no; non si mosse, non tradì alcun turbamento. Piantata
sul terreno,le zampe filiformi allargate, ignorò l’ ordine.
< Che ti
prende!>sbottò < muoviti di lì,vai con le altre, svelta>. L’animale si
scrollò,con ostentata assenza. L’uomo fu costretto a guardarla.
Non aveva
l’abitudine di guardare gli animali, li osservava per controllarli; doveva
dominarli, condurli: non aveva alcuna necessità di conoscerli. Ma questa
capretta lo obbligò a inginocchiarsi per fargli pesare la sua fragilità; inutilmente,
perché l’animale nemmeno smise di brucare. Si sentì quasi in imbarazzo , tanto
da voltarsi d’istinto, ma alle sue spalle nessuno l’osservava,neppure Bettino,
che era tornato in alto. Il suo problema era ancora lì, accanto a lui ma non
insieme;erano separati,estranei. Una capretta e un uomo non possono condividere
granché, pensò quasi sollevato.
<Che ti
sei messa in testa,eh?> disse, rasserenato.
La capra
riluttante non si era smossa. La questione era aperta. Era soltanto mutato
l’umore del pastore.
<Hai
voglia di trasgredire?> le sorrise, ma la domanda non era rivolta all’animale.
Pensava ai suoi anni giovanili, agli slanci e alle sue” insubordinazioni”, come
le chiamava suo padre. Scacciò quella
reminiscenza;ancora gli bruciava la snervante battaglia quotidiana con il
vecchio; ed erano trascorsi anni.
<Le tue
compagne ti attendono,dovresti raggiungerle> disse con un voce tranquilla,
aveva deciso di essere persuasivo,<si faranno strane idee su di te,
penseranno che ti dai delle arie, che vuoi fare la diversa o la sostenuta>.
Alla capra non fecero un grande effetto quelle motivazioni, tanto che continuò
ad sfiorare il muso sull’erba. In effetti,nemmeno a lui sembrarono convincenti.
Anzi, erano ridicole; che gliene frega a una capra dell’opinione delle altre
capre. Non deve risponderne a loro del
suo comportamento.
<Già>sbottò<
è a me, al tuo padrone, che devi badare> ma gli parve una patetica
rivendicazione. Il gregge,intanto, si spostava lentamente. Bettino,consapevole
che il peso dell’ordine gravava solo su di lui, trotterellava nervosamente tra
gli ignari animali . Il sole si era posto tra gli alberi e l’orizzonte, verso
ovest. Era pomeriggio, ormai, e non aveva neanche mangiato. Frugò nella sacca a
tracolla,trovò qualcosa che portò alla bocca, distrattamente. Seduto sull’erba
della riva del fiume, accanto alla capra, mangiucchiò in silenzio. Gli altri
animali non si erano fermati; avevano continuato come se nulla fosse accaduto.
Il povero Bettino non aveva smesso di girovagare,la lingua penzoloni,incurante
ormai della sua dignità;senza disposizioni superiori si sentiva inadeguato. Al
pastore non era sfuggito il distacco con il gregge, ma non c’erano motivi di
preoccupazione: tutto era tranquillo. Il cane ,esausto,si era calmato;con le
orecchie appassite,la coda ammainata e il naso in terra, seguiva mesto il
gregge.
Comunque, doveva porre fine a quella strana
contestazione.
<E’ ora
di andare> disse ,rivolto alla capra, come se riprendesse il discorso
interrotto.<Hai assaggiato il sapore dell’indipendenza ; volevi dimostrare
di saper fare senza gli altri. Brava, adesso si torna in gruppo>. La capra
non si scosse.<Hai bisogno dei tuoi simili, credi a me>.Detto da uno che
viveva isolato da anni, che scambiava mozziconi di parole con sconosciuti
durante le peregrinazioni pastorali, l’ affermazione necessitava di
specificazioni. <Voglio dire che il valore della libertà non è una questione
individuale. Non sei libero se tagli i rapporti con la società e i suoi vincoli,
casomai sei solo; essere liberi vuol dire, prima di tutto, non subire
condizionamenti>. L’animale fu
percorso a da un fremito.<Sei d’accordo, vedo> si affrettò,sperando di
aver stabilito finalmente un punto d’incontro.< Sei una bestia
intelligente> rincarò,< conosco persone che lo sono meno di
te>esagerò, cedendo al primo successo dopo mezza giornata di un confronto a
senso unico. <Se ti conosco bene, e chi meglio di me potrebbe…se ti conosco,
dicevo, è questo principio che volevi manifestare con il tuo gesto. Lo so,
anch’io, troppo tempo fa, la pensavo come te>.Tirò il fiato. < Volevo affermare le mie idee,la mia
personalità: non sopportavo le convenzioni,le ipocrisie, specialmente, quelle
di mio padre! Ho lasciato tutto,la famiglia,l’università, la mia ragazza.
Tutto!> Si fermò appena in tempo prima di aggiungere che di strada ne aveva
fatta da allora. Questo,l’animale lo sapeva abbastanza bene.<Non siamo poi
tanto diversi>concluse, invece. La capra non sembrò dello stesso avviso; rivolse
la testa verso il fiume,forse per segnare una distanza. L’uomo alzò lo sguardo,il
sole s’era piegato fino a sfiorare l’orizzonte: a breve sarebbe scomparso. Si
tirò su,svelto. Guardò il gregge lontano,fuori dal suo controllo. Guardò la
capra immusonita. La pazienza svaporò,lasciando il posto ad una crescente
rabbia. <Dai,piccolina, il tuo tempo è finito e anche la mia pazienza>la
voce gli uscì ancora dolce.<Ti sei messa in mostra, volevi distinguerti,
adesso basta! Sei solo una capra .> Terminò di parlare mentre si metteva in
movimento per raggiungere il gregge. La capra no,rimase piantata dov’era. <Muoviti,ti
ho detto, bestia che non sei altro!> urlò,avventandosi sull’animale con il
bastone alzato. Voleva finirla, quella assurda storia. Stava per colpirla ma si
bloccò, folgorato dall’idea di reagire come il suo caro papà, quando lui si
impuntava e si chiudeva a ogni richiamo. Si sentì impotente, eppure quella
piccola capra non era minacciosa, non lo aveva aggredito. Se ne stava ferma
sulla riva del fiume; una sfida innocente che non comprendeva. Allora, fece un
gesto improvviso,imprevisto. L’afferrò sollevandola sopra la testa, la sistemò
sulle sue spalle, e tenendola per le zampe
si avviò in direzione del gregge.
La capra
piegò il capo sulle spalle del pastore ed emise un belato leggero. Forse per il
tepore del contatto. Intanto il cielo era annerito,come i pensieri dell’uomo.
Nessun commento:
Posta un commento