domenica 29 gennaio 2017

i (miei) compagni


Una vita in sezione

L’inizio

Quel momento arrivò  senza alcun preavviso; così, con naturalezza,una domenica appiccicosa di Febbraio, varcai la soglia di una stanzetta umida in via Duomo.

 Era buia, dalle pareti bianchicce e screpolate, angusta, fumosa. Si sentiva un odore forte di uomini , impilati su gracili sediole  , tra volute di fumo acre di  tabacco nazionale.

Ricordo una finestrella che infilava quel poco di luce che sembrava bastare, un grande manifesto con il simbolo del partito, alle spalle di un omino minuto vestito di blu e con una berretta di stoffa, alla moda di Lenin.  

< E’ il compagno Lavagnoli, un deputato di Verona> mi disse, abbassandosi su di me, Ginetto, l’operaio di una società elettrica privata che mi aveva reclutato. In piedi, gli occhi accesi, il dito perentoriamente proteso, assorbiva del tutto l’interesse dei presenti , tanto che non un testa si volse a sbirciare nella nostra direzione. Anch’io non prestai attenzione al discorso, impegnato com’ero ad esplorare quell’ambiente oscuro. Per la scarsa luce, per l’atmosfera da congiura che aleggiava nell’aria impregnata di muffa. Ci spostammo rasente la parete, fino al fondo della stanza e rimanemmo in piedi, insieme ad altre due o tre persone appoggiate al muro. Un breve applauso pose fine al discorso del compagno onorevole  senza che avessi potuto ascoltare una sola parola; gli uomini si alzarono facendo scricchiolare le povere sedie, urtandosi indifferenti, così che fui quasi schiacciato contro la parete.  Molti dovevano indossare il vestito migliore, come quando si va a messa per una cerimonia; non erano certo degli elegantoni, nelle loro larghe giacche , sdrucite, scure, pulite; apparivano ruvidi e solidi. Appena fuori, molti si misero a fumare distrattamente; ma mi sbirciavano incuriositi. O diffidenti. Non lo sapevamo, allora, ma ci aspettava una vita insieme.

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