Una vita in
sezione
L’inizio
Quel momento
arrivò senza alcun preavviso; così, con
naturalezza,una domenica appiccicosa di Febbraio, varcai la soglia di una
stanzetta umida in via Duomo.
Era buia, dalle pareti bianchicce e
screpolate, angusta, fumosa. Si sentiva un odore forte di uomini , impilati su gracili
sediole , tra volute di fumo acre
di tabacco nazionale.
Ricordo una
finestrella che infilava quel poco di luce che sembrava bastare, un grande
manifesto con il simbolo del partito, alle spalle di un omino minuto vestito di
blu e con una berretta di stoffa, alla moda di Lenin.
< E’ il
compagno Lavagnoli, un deputato di Verona> mi disse, abbassandosi su di me,
Ginetto, l’operaio di una società elettrica privata che mi aveva reclutato. In
piedi, gli occhi accesi, il dito perentoriamente proteso, assorbiva del tutto
l’interesse dei presenti , tanto che non un testa si volse a sbirciare nella
nostra direzione. Anch’io non prestai attenzione al discorso, impegnato com’ero
ad esplorare quell’ambiente oscuro. Per la scarsa luce, per l’atmosfera da
congiura che aleggiava nell’aria impregnata di muffa. Ci spostammo rasente la
parete, fino al fondo della stanza e rimanemmo in piedi, insieme ad altre due o
tre persone appoggiate al muro. Un breve applauso pose fine al discorso del
compagno onorevole senza che avessi
potuto ascoltare una sola parola; gli uomini si alzarono facendo scricchiolare
le povere sedie, urtandosi indifferenti, così che fui quasi schiacciato contro
la parete. Molti dovevano indossare il vestito
migliore, come quando si va a messa per una cerimonia; non erano certo degli
elegantoni, nelle loro larghe giacche , sdrucite, scure, pulite; apparivano
ruvidi e solidi. Appena fuori, molti si misero a fumare distrattamente; ma mi
sbirciavano incuriositi. O diffidenti. Non lo sapevamo, allora, ma ci aspettava
una vita insieme.
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